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Teig O’Kane e il cadavere – Racconti e novelle celtiche – seconda parte

La scorsa settimana avevamo lasciato Teig O’Kane in una situazione molto complicata. Deve compiere una strana missione per redimersi da una vita dissoluta e scapestrata, fatta di licenziosità al limite della depravazione. Qualcosa è accaduto! Dopo che Teig aveva sedotto una ragazza del paese il padre lo ha messo alle strette affinché ragionasse sui suoi comportamenti e sulle sue azioni. Non aspettandosi questa reazione dal padre, sempre devoto al figlio, Teig O’Kane vagò tutta la notte nel bosco cercando di decidere sul da farsi. Ma nel suo vagare incontrò il Piccolo Popolo, tutt’altro che amichevole nei suoi confronti, che gli ha imposto una prova – Prima parte clicca —> qui

Novella irlandese tratta dal libro “Fiabe Celtiche – Leggende di tutto il mondo” Oscar Mondadori

TEIG O’KANE e IL CADAVERE – seconda parte

Quando il folletto grigio ebbe finito, i suoi compagni risero e batterono le mani. <<Presto, presto, mancano otto ore all’alba, e se tu non riesci a seppellire il morto sei perduto.>> Lo pungolarono lungo la strada. Dovette mettersi a correre, anche abbastanza forte, perché gli stavano sempre alle calcagna.
Gli pareva che in quella notte non vi fossero sentieri fangosi, strade tortuose, viottoli in tutta la contea che lui non potesse percorrere, anche se, a volte, il cielo si oscurava.

Ogni volta che una nube copriva la luna non riusciva a vedere più nulla e spesso cadeva. Talvolta si faceva male, talvolta se la cavava senza un graffio. In ogni caso doveva sempre rialzarsi e proseguire. Quando la luna riappariva da dietro le nuvole lui poteva vedere meglio; si guardava intorno e vedeva che i folletti gli stavano sempre dietro. Li sentiva parlare e gridare come uno stormo di gabbiani, ma non capiva una parola di ciò che dicevano.

D’un tratto uno di loro gridò: <<Fermati qui!>> Subito tutti lo circondarono. <<Vedi quegli alberi laggiù?>> riprese il vecchio. <<Laggiù c’è Teampoll-Démus. Vai! Non non ti possiamo seguire. Fai in fretta. Noi rimarremo qui.>>

Teig scorse un muro sfondato in più punti e, al di là del muro, una vecchia chiesa grigia, circondata da una dozzina di alberi completamente spogli, i cui rami somigliavano alle braccia di un uomo furibondo e minaccioso. Egli non poteva fare altro che obbedire agli ordini dei folletti. Giunse fino alla porta del cimitero. La porta si aprì da sola, come se lo attendesse, e lui entrò senza difficoltà. Si voltò per vedere se i folletti lo avessero seguito, ma proprio in quel momento una nube andò a coprire la luna. Tutto attorno calò un buio inquietante e Teig non vide più nulla. Percorse un sentierino erboso che, attraverso il cimitero, conduceva alla chiesa. Quando raggiunse il portale si accorse che era chiuso. Era un portale grande e pesante e lui non sapeva proprio come fare per entrare. Estrasse il suo coltello e lo infilò nel legno per vedere se poteva fare breccia sul legno vecchio e marcio, ma non vi riuscì.

“Ecco” pensò “non posso fare nulla. La porta è chiusa e io non posso aprirla.” Non finì di pronunciare queste parole che una voce nel suo orecchio disse:

<<Cerca la chiave sopra la porta oppure appesa al muro.>> Teig obbedì.
<<Chi ha parlato? chiese voltandosi, ma non vide nessuno. La voce continuò:
<<Cerca la chiave sopra la porta oppure appesa al muro!>>
<<Chi è?>> chiese di nuovo mentre il sudore gli riempiva il viso. <<Chi sta parlando?>>
<<Sono io, il cadavere. Sono io che sto parlando>> disse il cadavere.
<<Puoi parlare?>> chiese Teig
<<Ogni tanto>> rispose il morto.

Teig cercò la chiave e la trovò sopra il muro. Aprì la porta e corse in chiesa più in fretta che poté con il cadavere sulle spalle. Dentro era buio pesto. <<Accendi la candela>> disse il cadavere. Teig diede fuoco al proprio fazzoletto con un lucignolo trovato in tasca e si guardò intorno. La chiesa era molto vecchia, diroccata, parti delle mura erano crollate, le vetrate erano rotte e il legno delle panche era marcio. C’erano sei o sette vecchi portacandele, e su uno di essi Teig trovò il moccolo di una candela. L’accese.
Continuò a guardarsi intorno in quel luogo inquietante. Il cadavere nuovamente gli sussurrò all’orecchio: <<Seppelliscimi adesso. Là c’è un badile col quale potrai scavare.>> Teig guardò ed effettivamente, accanto all’altare, c’era un badile. Lo prese e infilò la pala nella fessura di un lastrone di pietra che si trovava nella navata della chiesa. Una volta rimossa la prima pietra riuscì a sollevare le altre con più facilità. Il fango sotto le pietre era molle e scavare non era facile. Dopo aver dato due o tre colpi di badile Teig incontrò qualcosa di morbido come la carne. Diede altre tre o quattro badilate, poi si accorse che in quella fossa c’era già un cadavere.
<<Non posso mettere due cadaveri nella stessa fossa>> si disse Teig <<Ehi, cadavere sulle mie spalle, ti andrebbe bene se ti seppellissi qui?>> proseguì. Stavolta il cadavere non si pronunciò.
“E’ un buon segno” pensò Teig. “Forse adesso tacerà per sempre” e continuò a scavare nel terreno. Ma dopo un po’ trovò un secondo cadavere che si levò in piedi con un grido terribile: <<OoH! OoH! OoH! Sparisci, altrimenti sei un uomo morto!>>. Poi ricadde nelle propria fossa. Dopo essersi ripreso dallo spavento Teig ricoprì di fango la fossa, vi rimise sopra i lastroni di pietra e disse:
<<Beh, adesso non si alzerà più.>>

Andò in un altro angolo della chiesa, vicino alla porta, alzò i lastroni di pietra e cominciò a scavare un’altra fossa per il cadavere che portava sulle spalle. Stavolta, però, trovò il cadavere di una vecchia con in dosso solo una camicia, ancora più viva del primo cadavere. Dopo che ebbe rimosso un po’ di fango la vecchia si levò nella sua fossa e gridò:
<<Fermati, pagliaccio! Da dove arriva quel tizio che hai sulla schiena e che sta cercando una fossa?>>
Teig richiuse anche questa tomba e si rimise a scavare altrove, ma già al primo colpo di badile la mano di un cadavere spuntò dalla terra.
<<Per l’anima!>> disse Teig <<Qui non ha più senso continuare a scavare.>>
Rimise a posto anche quest’ultima tomba, poi lasciò la chiesa. Richiuse la porta a malincuore e rimise la chiave dove l’aveva trovata. Si sedette su una lapide vicino alla porta e rifletté. Aveva molti dubbi sul da farsi. Appoggiò la testa tra le mani e si mise a piangere perché era quasi certo che non sarebbe riuscito a uscire da quella situazione. Tentò di staccarsi di dosso le braccia del cadavere ma il morto le strinse ancor più forte intorno al suo collo. Fece per sedersi di nuovo ma le fredde labbra del morto sussurrarono: <<Carrick-fhad-viv-Orus>>. Allora si ricordò dell’ordine del Piccolo Popolo. Si alzò e si guardò intorno. <<Non so la strada>> disse. Non appena ebbe pronunciato queste parole, il cadavere tese improvvisamente la sua mano sinistra per indicare il cammino da seguire.

Teig corse nella direzione indicata, attraversò nuovamente il cimitero e arrivò ad una vecchia strada sassosa. Non sapeva dove andare, ma il cadavere allungò, un’altra volta il braccio e indicò una strada diversa da quella fatta prima di entrare al cimitero. Teig seguì quella strada; ogni volta che arrivavano ad un bivio il cadavere indicava la strada da seguire.
Alla fine si avvicinarono ad un vecchio cimitero, in mezzo al quale non c’erano né chiese né cappelle. Il cadavere si strinse al collo di Teig e sussurrò: <<Seppelliscimi qui, seppelliscimi in questo cimitero.>>
Teig. avanzò a fatica, e quando, un paio di metri più in là, alzò lo sguardo, vide centinaia e centinaia di spiriti, uomini, donne e bambini, sulle mura del cimitero oppure volteggiare al di là del muro. Nonostante vedesse che stavano muovendo le labbra, non riusciva a sentire una parola di ciò che dicevano. Aveva paura di proseguire e si fermò. Subito gli spiriti si acquietarono e smisero di correre avanti e indietro. Teig capì che volevano impedirgli di andare avanti; avanzò un paio di passi, ma subito tutti accorsero nel punto in cui si era fermato, lo circondarono e gli sbarrarono il cammino. Si voltò scoraggiato e si allontanò un centinaio di metri dal cimitero. Poi i fermò indeciso, e in quel momento sentì il cadavere sussurrare nuovamente. <<Teampoll-Démus>> disse stavolta e gli indicò la strada con il braccio teso. Sebbene fosse stanco doveva proseguire, e la strada non era né breve né pianeggiante. La notte era buia e non era facile proseguire il cammino. Finalmente vide Teampoll-Démus davanti a sé e si diresse verso la chiesa. Tutto sembrava tranquillo e sicuro, non c’erano fantasmi sulle mura del cimitero. Arrivò al portale e varcò la soglia, ma prima ancora di rendersi conto di ciò che gli accadeva qualcuno lo afferrò al collo, gli frugò le tasche, lo picchiò e gli strinse la gola. In quel momento pensò che fosse scoccata la sua ora. Venne sollevato di peso e scagliato in una fossa a cento metri di distanza. Il porto era sempre sulla sua schiena. Teig si rialzò, ma non ebbe più il coraggio di entrare un’altra volta nella chiesa.

<<Ehi, cadavere,>> disse <<devo provare nel cimitero?>> Il cadavere non rispose.
<<Evidentemente non vuole essere sepolto qui>> disse Teig. Era indeciso sul da farsi, quando il cadavere gli sussurrò: <<Imlogue-Fada.>>
<<Per la miseria!>> esclamò Teig. <<Devo proprio portarti laggù? Se la strada è ancora lunga crollerò prima di arrivarci, te lo assicuro.>> Tuttavia proseguì nella direzione indicata dal cadavere. Non sapeva da quanto tempo stava camminando; d’un tratto il morto gli sussurò piano in un orecchio: <<Laggiù!>>
Teig scorse un muretto basso, quasi completamente diroccato, in un campo poco discosto dalla strada. Solo tre o quattro pietre lasciavano trasparire che, un tempo, in quel luogo, doveva esserci stato un cimitero. <<E’ quello Imlogue-Fada? Devo seppellirti laggiù?>> chiese Teig. <<Sì>> rispose il cadavere.
<<Ma non vedo lapidi. Solo muchi di pietre.>> Il cadavere non replicò e indicò di nuovo con la mano.

Teig camminò in quella direzione ricordando con terrore ciò che gli era accaduto nell’ultimo posto dove era stato.
Non appena raggiunse il muro consunto vide dei lampi sprizzare dalle pietre; improvvisamente tutto il campo cominciò ad ardere. Teig non ebbe il coraggio di avvicinarsi al muro. D’un tratto un velo di nebbia scese sui suoi occhi, fu preso da vertigini e dovette sedersi su una grossa pietra per riposarsi. Quando ebbe ripreso fiato la voce sussurrò nel suo orecchio: <<Kill-Breedya>> e detto ciò si abbarbicò così forte al collo che Teig gridò. Si rialzò tremante. Il vento era freddo, la strada in brutte condizioni, il peso sulle spalle lo opprimeva, la notte era buia e Teig capì di essere allo stremo delle proprie forze. Il cadavere tese di nuovo il braccio e disse: <<Seppelliscimi qui.>>
“Questo è l’ultimo posto indicato dal piccolo popolo” pensò Teig. “Hanno detto che sarei riuscito sicuramente a seppellirlo in uno di questi luoghi, perciò deve essere proprio qui.”

Le prime luci del nuovo giorno cominciavano già a rischiarare l’Oriente e le nuvole sembravano prendere fuoco. <<Presto, presto!>> disse il cadavere. Teig corse più in fretta che poté verso il cimitero, per quanto glielo permettesse il pesante carico sulle sue spalle. Il cimitero era un piccolo fazzoletto di terra su una collina spoglia, e le tombe erano poche. Oltrepassò la porta che era aperta, e stavolta nessuno lo assalì. Non si vedeva e non si sentiva nulla. Arrivò in mezzo al cimitero e si guardò intorno in cerca di una pala o di un badile. Improvvisamente il suo sguardo cadde su una fossa scavata da poco proprio davanti a lui, sul fondo c’era una bara nera. Scese con cautela nella fossa e alzò il coperchio: la bara era vuota. Risalì, e appena fu sull’orlo della fossa il cadavere, che gli era rimasto incollato per più di otto ore, si staccò inaspettatamente e cadde con un tonfo nella bara aperta. Teig cadde in ginocchio e ringraziò Dio. Chiuse il coperchio della bara, riempì di terra la fossa, la schiacciò ben bene con i piedi e fuggì.

Subito dopo si levò il sole e non fu difficile ritrovare la strada di casa. Si guardò intorno in cerca di un’abitazione. Arrivò ad una locanda, prese una camera e dormì fino a notte. Poi mangiò qualcosa e si rimise a dormire fino al mattino successivo. Dopo aver fatto colazione noleggiò un cavallo e ritornò a casa. Era lontano ventisei miglia dalla casa di suo padre ed evidentemente aveva percorso tutta quella strada in una notte con il morto sulle spalle.
La gente del posto aveva già pensato che se ne fosse andato in terra straniera. Quando lo rividero vivo e vegeto furono tutti contenti. Gli chiesero dove fosse stato, ma lui non si lasciò scappare neppure una parola sull’accaduto e raccontò tutto solo a suo padre.

Da quel fatidico giorno Teig sembrava completamente diverso: non beveva più, non perdeva più un soldo al gioco e non se ne andava più in giro di notte. Dopo quattordici giorni si unì in matrimonio con Mary, la ragazza della quale era innamorato.

Da quel giorno Teig O’Kane visse felice, ma soprattutto consapevole delle sue azioni e spero che tutti possano essere consapevoli e felici come lui.

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