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I CELTI

I Celti

I CELTI

La parola celtico ha origine dal greco keltai, che gli abitanti di Marsiglia, città fondata dai Focei, attribuirono ai membri di queste tribù belligeranti, il nome che avevano sentito pronunciare dai Celti stessi. La religione e la cultura celtica si sono spesso intrecciate con eventi storici di grande importanza, da Alessandro Magno alla caduta dell’Impero romano, passando per la conquista della Gallia da parte di Giulio Cesare. Questo popolo (forse sarebbe meglio dire questi popoli), spesso sottovalutato unicamente per non aver creato grandi regni duraturi, ha comunque avuto notevole rilevanza storica e mistica. Gli storici individuano la patria originaria dei Celti in un’area compresa tra l’alto Reno (da Renos, vocabolo di origine celtica il cui significato è “mare”) e le sorgenti del Danubio (dal celtico Danuvius, il cui significato è “che scorre veloce”), tra le attuali Germania meridionale, Francia orientale e Svizzera settentrionale.

Celti furono un insieme di popoli indoeuropei che, nel periodo di massimo splendore (IV-III secolo a.C.), erano estesi in un’ampia area dell’Europa, dalle Isole britanniche fino al bacino del Danubio, oltre ad alcuni insediamenti isolati più a sud, frutto dell’espansione verso le penisole iberica, italica e anatolica. Uniti dalle origini etniche e culturali, dalla condivisione di uno stesso fondo linguistico indoeuropeo e da una medesima visione religiosa, rimasero sempre politicamente frazionati; tra i vari gruppi di popolazioni celtiche si distinguono i Britanni, i Galli, i Pannoni, i Celtiberi e i Galati, stanziati rispettivamente nelle Isole Britanniche, nelle Gallie, in Pannonia (Europa Centrale), in Iberia e in Anatolia.

Portatori di un’originale e articolata cultura, furono soggetti a partire dal II secolo a.C. a una crescente pressione politica, militare e culturale da parte di altri due gruppi indoeuropei: i Germani, da nord, e i Romani, da sud. Furono progressivamente sottomessi e assimilati, tanto che già nella tarda antichità l’uso delle loro lingue appare in netta decadenza e il loro arretramento come popolo autonomo è testimoniato proprio dalla marginalizzazione della loro lingua, presto confinata alle sole Isole britanniche. Lì infatti, dopo i grandi rimescolamenti altomedievali, emersero gli eredi storici dei Celti: le popolazioni dell’Irlanda e delle frange occidentali e settentrionali della Gran Bretagna, parlanti lingue brittoniche o goideliche, le due varietà di lingue celtiche insulari.

Appiano, filosofo e storico greco vissuto a Roma nel II secolo, racconta che Alessandro Magno, ancor prima di intraprendere la sua vittoriosa campagna in Asia, incontrò alcuni “Galati” e, alla sua domanda su quale fosse il loro più grande timore, essi gli risposero sfacciatamente che avevano paura soltanto che il cielo, cadendo, li schiacciasse. Questo aneddoto, vero o falso che sia, è una testimonianza palese del rispetto che le loro capacità guerriere incutevano tra le genti vicine. In effetti, il giuramento dei Celti recita: “Vogliamo mantenere fede al giuramento, o possa il cielo abbatterci e annientarci, la terra aprirsi sotto di noi, il mare sollevarsi e sommergerci”

Il percorso dei Galati inizierebbe, però, da lontano. Gerhard Herm, giornalista e scrittore tedesco di libri e romanzi di argomento storico, con una certa fantasia li identifica con i filistei di biblica memoria, sconfitti dal faraone Ramsete III attorno al 1165 a.C. (Gerhard Herm, Il mistero dei celti, 1975, p. 131).

L’ipotesi, assai intrigante, si fonda semplicemente sulla presunta corrispondenza tra i pittoreschi copricapi che essi sfoggiavano e le chiome irrigidite dai bagni di calce, abitudine nordica più volte descritta nelle fonti. Che il gigantismo di Golia fosse effettivo, dunque? Sta di fatto che la prestanza fisica di questi barbari dovette fare davvero grande impressione ai più minuti Greci, dal momento che questi ultimi li ritennero dei discendenti di Eracle e inventarono la leggenda della fondazione di Alesia da parte dell’eroe. Stando al mito, una principessa locale si sarebbe, quindi, invaghita del muscoloso semidio e il frutto della loro unione sarebbe stato un certo Galàtes. Da ciò deriverebbe, appunto, la denominazione di Galati.

I Celti in Italia: Milano e Bologna

La fondazione mitologica di Medhelan-Mediolanion può collocarsi attorno al 600-590 a.C. Mediolanium, (Milano), è la forma latinizzata del celtico continentale antico Medhelanion o Medhelan, ossia “santuario”, (luogo, centro di perfezione).

Il leggendario fondatore è Belloveso, della tribù dei Biturigi (abitanti della Gallia transalpina). Secondo una antica tradizione milanese, Belloveso vide un animale sacro, una scrofa semilanuta, animale sacro alla Dea celtica Belisama (ancora oggi presente in via Mercanti, con un antichissimo bassorilievo successivamente incorporato nel Palazzo della Ragione del 1200), e da questa apparizione, da questo segno degli Dei, venne indotto a fondare il centro sacro di Medhelan.

Le origini di Bologna affondano nel XI secolo a.C. In questo periodo, ai piedi delle colline bolognesi dove oggi c’è la città, viene fondato un piccolo villaggio. Non si sa il suo nome ma è noto che l’inizio di un insediamento stabile e dei primi rapporti commerciali lo si deve agli Umbri che popolavano la zona.

Nel VI secolo A.C. Bologna viene conquistata dagli Etruschi, uno dei popoli più evoluti dell’Italia Centrale. In breve la città diventa una delle più importanti nella pianura padana. Gli Etruschi la chiamano Felsina, che probabilmente significa “la terra fertile”. Anche se Bologna ha cambiato il suo nome, l’aggettivo “felsineo” rimane ancora oggi nell’uso moderno come sinonimo di “bolognese”.

La conquista da parte degli etruschi cambia molto il volto della città: vengono costruiti grandi edifici di mattoni, nelle vicinanze si prosciugano i terreni paludosi e si aprono i canali che collegano Bologna con il mare Adriatico. La dominazione Etrusca dura circa 200 anni.

Nel 358-54 a.C. Bologna viene conquistata dalla popolazione celtica dei Galli Boi che poi verranno sconfitti dai romani nel 189 a.C. che faranno di Bologna una colonia romana.

I romani chiamano la città Bononia. Secondo diverse versioni il nome è tratto dalla denominazione della tribù stessa (Boi) oppure dalla parola celta “bona”, che presumibilmente significa “città” o “luogo fortificato”.

I Druidi

Il druida o druido (pl. druidi; nei testi classici non è attestato il singolare e compaiono solo i plurali greco druidai e latini druidae e druides) è il dignitario appartenente ad una classe dirigente sacerdotale, al quale competevano, tra i Celti della Gallia e delle isole Britanniche, l’adempimento di riti di culto comprendenti anche il sacrificio umano, l’interpretazione degli auspici, la conservazione e la trasmissione del sapere tradizionale, la presidenza delle assemblee religiose, l’arbitrato nelle controversie tra tribù e l’amministrazione della giustizia civile e criminale (in particolare nei casi di assassinio).

Ci immaginiamo il Druido come un vecchio venerando con la lunga barba bianca e i lunghi capelli sciolti sulle spalle che indossa un’ampia tunica lunga fino ai piedi e probabilmente un lungo e ampio mantello quando è in viaggio o d’inverno (e il cinema fantasy non ha fatto altro che rafforzare tale immagine). Dagli scrittori romani che hanno scritto sui Celti per diretta conoscenza sappiamo che i Druidi si vestivano di bianco durante alcune della loro cerimonie sacre e che avevano un centro “pan-celtico” (come il Santuario di Delfi per gli antichi Greci) in cui si radunavano periodicamente; mentre per la Gallia questo centro è ancora oggetto di investigazione da parte dell’archeologia, in Irlanda possiamo affermare che tale centro sacro era la collina di Tara.
I termini drùida o drùido derivano dal latino, ma la parola ha origine da un termine celtico che significa molto sapiente. I druidi costituivano, in Gallia, in Britannia e in Irlanda, una classe sacerdotale, non erano dei monaci come nel medioevo cristiano, ma più probabilmente una confraternita con un’organizzazione gerarchica, quantomeno per le funzioni. Il druida veniva istruito durante un lungo periodo di iniziazione, al termine del quale veniva consacrato; dopo la consacrazione partecipava alla vita della comunità condividendone le occupazioni.

Le funzioni del Druido sappiamo poi essere molteplici e non solo sacerdotali, giudice e consigliere del re ovvero del capo-clan e ambasciatore, anche all’occorrenza guerriero, era però fondamentalmente uno studioso-filosofo versato anche nella medicina, nella sua qualità di studioso fors’anche di “uomo medicina” in senso sciamanico, grande conoscitore dei poteri curativi di erbe e piante, abile chirurgo e curatore delle malattie dell’anima. Era anche musico e sappiamo che molti rituali di preghiera o incantesimi si svolgevano con l’ausilio del canto e della danza.

Ringraziamenti

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