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Irlanda, meta insospettata

  • Simonetta Ecchia Di: Simonetta Ecchia
  • Mer 21 Feb 2018
  • 7:22 pm

Pietro e Simonetta – Esperienza di italiani che hanno deciso di vivere in Irlanda

Quando venimmo in Irlanda, Pietro ed io la prima volta nel 2013 per lavoro, non avevamo idea che sarebbe diventata la nostra casa. Non avevo mai messo piede nell’Isola di Smeraldo. Vedevo questa terra come un isola lontana, silenziosa e non troppo interessante, come un satellite della più affollata e industrializzata Gran Bretagna. Insomma non le davo troppa importanza. Ma come al solito non esiste il caso!

Arrivammo in una grigia e piovosa mattina di maggio. Era l’inizio della primavera. I fuochi di Beltane erano ormai spenti da pochi giorni. Sbarcammo all’aeroporto di Knock nel Mayo. Non appena mi affacciai al portellone dell’aereo mi colpì il profumo intenso di salmastro e dolce che aleggiava nell’aria, misto all’odore acre del kerosene avio. La pioggia cadeva lenta dopo un atterraggio immerso nella nebbia del mattino.

Agli arrivi ci attendeva Rosaria, connazionale di Milano che scelse molti anni prima di trasferirsi in Irlanda per sviluppare la sua attività basata sulla raccolta e la trasformazione delle alghe in prodotti alimentari e cosmetici. Rosaria era vestita con una maglietta a mezze maniche e un golfino leggero che le fasciava la cinta. Mi meravigliai alquanto di quell’abbigliamento estivo che poco si addiceva alla temperatura esterna, mentre io ricordo che ero avvolta nel giaccone pesante e la sciarpa mi copriva il collo.

Caricammo le valigie in macchina e partimmo per il Donegal, contea nella quale andammo poi a vivere successivamente, ma ancora non lo sapevo. Dopo i soliti convenevoli Rosaria, espansiva e loquace, ci fece da guida. La strada per il Donegal era lunga, ma ci propose di fare una deviazione verso la costa. Lasciò la strada principale e cambiò direzione. Conducendoci verso Ballina e Inishcrone, ci portò in riva all’oceano.

Sulla spiaggia il vento era forte, il profumo di salmastro era così intenso che sentii pizzicare le narici. In quel momento i ricordi di quando ero bambina riaffiorarono alla mente in un lampo, come  un dolce e forte invito. Un misto di contentezza e di stupore mi avvolse come in un abbraccio nel quale mi cullai ascoltando, ipnotizzata, il canto delle onde che si infrangevano sugli scogli. La pioggia era cessata e la fame si stava facendo sentire.

“Che ne dite di assaggiare l’Irish Breakfast?” disse Rosaria. Un sussulto e lo stomaco mi riportarono alla realtà.

Riprendemmo il viaggio dopo un lauto pasto.

Le immagini scorrevano veloci dai finestrini dell’auto, mostrando ora una chiesa in stile gotico irlandese, ora un cottage adornato da un bel giardino fiorito con una simpatica fontana ai margini ed il comignolo fumante al centro del tetto il cui odore di carbone e torba penetrava dai finestrini aperti. Ora un campo incolto dove un gregge di pecore brucava tranquillo, ora un bosco di faggi che pareva toccassero il cielo con la loro chioma.

Poi il panorama cambiò gradualmente mostrando la costa discontinua con le sue spiaggette isolate, sfrangiate dall’assiduo battere delle onde, fino ad arrivare a Donegal Town. Entrammo in questa graziosa cittadina dove la vita sociale è tutta concentrata in Diamond Square, luogo in cui le facciate degli hotels, negozi di gadget, pubs e ristoranti sono dipinte di colori sgargianti e vivaci. Proprio a Donegal è presente l’antico castello degli O’Donnell del XV sec. ( in gaelico irlandese Caisleán Dhún na nGall – che significa “Fortezza degli Stranieri” ) costruito sull’ultima ansa del Fiume Eske prima che questo si getti nella baia.

Il cielo grigio e piovoso gli dava un aspetto ancora più austero e grave. Potevo immaginare ciò che successe nella Guerra dei Nove Anni solo osservandone le possenti mura di pietra arenaria e calcarea che sembravano non essere scalfite dal tempo.

Tra realtà, storia e misticismo ero come incantata dai racconti di Rosaria.

Riprendemmo il viaggio verso l’antica e remota zona gaelica – gaeltacht – della Contea di Donegal dove lei abitava e abita tutt’ora, arrivando a Killybegs, il porto peschereccio più importante e attivo di tutta l’Irlanda, sfavillante di colori. Stavo assorbendo tutto ciò che osservavo, catturata dalle immagini che scorrevano, in un muto silenzio di pensiero.

Ad un certo punto la mia mente si volse a considerazioni che con Pietro facevamo spesso: trasferirsi all’estero. Entrambi siamo sempre stati appassionati della Gran Bretagna, soprattutto della Scozia, delle tradizioni e della musica tradizionale, dal modo di vivere e dal modo di comunicare. Io in particolare sono sempre stata attratta dalle storie senza tempo, che venivano raccontate come vere, anche se ho sempre creduto fossero leggende. L’Italia ormai ci stava stretta e ci costringeva a compiere delle scelte ponderate e molto difficili. Il pensiero di lasciare le mie figlie, gli amici di sempre, la famiglia, tormentava la mia mente. Dovevo necessariamente modificare la mia forma mentis di madre e donna che ha sempre vissuto fra lavoro e famiglia.

La settimana che vivemmo in Irlanda fra lavoro e pubs ci ha fatto conoscere meglio la popolazione, il loro modo di pensare e comunicare.

Tornammo in Irlanda altre 3 volte per lavoro nel 2013, ma l’ultima fu risolutiva: cercammo casa! La decisione era stata presa per realizzare un sogno da tempo nel cassetto.

 

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